in stanza
Il periodo in stanza
30 settembre, mercoledì. Immediatamente è arrivata una dott.ssa a verificare il mio stato generale. Ero nella mia stanza, nel letto con i vari drenaggi che ha scrupolosamente controllato. Ho potuto finalmente sorridere ai miei figli a mia moglie e alla mia famiglia di origine (Papà, Mamma e mio fratello). Erano tutti visibilmente provati, soprattutto mio padre e mia madre che mi facevano domande su come mi sentissi, sulla ferita, su quello che dovevo e non dovevo fare, su com’ero stato bravo a uscire in sole 24 ore dalla terapia intensiva, ecc. ecc. – Ecco quello che intendevo per proteggere l’intimità dell’evento – pensavo tra me e me meno male che ho preteso che nessuno sapesse, chissà cosa mi sarei dovuto sorbire se avessi avuto la stanza piena di parenti e amici.
Nei due giorni successivi l’effetto della anestesia mi ha permesso di riposare molto bene, avere anche una piacevole sensazione: appena chiudevo gli occhi l’ultima immagine si trasformava nell’inizio di un sogno. Prevalentemente ho sognato scene di marineria spagnola del 1700, mappe nautiche, galeoni, mare all’imbrunire, rada di un porto, tutto come se osservarsi dei quadri che si animavano. Ogni tanto avevo anche immagini recenti e persino immagini dello spazio:
Non c’è che dire è stata una anestesia perfetta!
Ero nel letto e avevo: un catetere nella giugulare, uno nel braccio sinistro, tre drenaggi toracici che uscivano all’altezza del diaframma e un catetere vescicale oltre una vistosa medicazione a copertura delle mia ferita sternale. Tutto come da programma tutto come mi era stato descritto, tutto ben sopportabile grazie alle terapie antidolorifiche.
La dott.ssa che mi ha vistato mi ha raccomandato di chiamare le infermiere appena avvertivo anche il minimo dolore e che non dovevo resistere al dolore per non sforzare il cuore.
Ho potuto mangiare a letto grazie all’aiuto di mia moglie, non potevo alzarmi a causa dei vari drenaggi, le infermiere venivano con frequenza a controllare la situazione e a somministrarmi e terapie prescritte.
1 ottobre, giovedì. Alla visita in tarda mattinata la dott.ssa che mi seguiva decide di liberami dei drenaggi e del catetere vescicale. Un piccolo sforzo nel trattenere il respiro e un piccolo fastidio (lo stesso delle operazioni di clampaggio solo leggermente più prolungato) per l’estrazione di ciascun drenaggio; per il vescicale invece l’operazione è stata indolore e appena avvertita.
Potevo muovermi, senza indugio mi sono sollevato a sedere sul letto (utilizzando la corda fissata alla pediera del mio letto) un leggero dolore allo sterno mi ricorda di fare movimenti lenti e caricando sempre simmetricamente le braccia; da seduto ruoto le gambe fuori dal letto e lentamente poggio i piedi sulle mie ciabatte. Mi alzo concentrato sul mio equilibrio cercando di capire se potevo stare in piedi in sicurezza o se avessero avuto il sopravvento le sensazioni di vertigini o giramento di testa. Eseguo il movimento con costanza e lentezza. Che bella sensazione essere in piedi senti che il tuo fisico risponde e migliora man mano che ti sollevi sulle tue gambe. Muovo qualche passo, arrivo alla scrivania e mi siedo un po’ sulla sedia. Osservo chi mi sta intorno e mi fa piacere vedere i loro volti rasserenarsi, guardo soprattutto mio figlio e mi rallegra vedere il suo viso che si distende, si rasserena e mi sorride; Chicchi (mio figlio) è uno tosto che resta impassibile qualsiasi cosa accade, devi sapere leggere piccolissime contratture del suo viso una strana smorfia di sorriso per capire quanto invece sia teso e preoccupato. Mia figlia invece sta in disparte lontana e mi guarda con sguardo di traverso, lo so è quella che sta soffrendo di più e quando è così sembra che ti voglia punire; invece no, l’emozione per lei è troppo forte, la mia guanciotta preferisce starti lontano, infatti, finché non mi ha visto a casa non si è fatta ne abbracciare ne baciare ne mi ha fatto dare una carezza alle sue adorabili guance. Mia moglie invece è lì che mi osserva, convinta che io stia soffrendo tantissimo ma che non lo dia a vedere, non è così, mi sento bene, sul serio, gli antidolorifici svolgono un lavoro egregio.
Il pomeriggio mi avventuro con mia moglie nel fare una lentissima passeggiata nel corridoio fuori la mia stanza e raccolgo qualche rallegramento dalle infermiere nel vedermi in piedi.
La notte è il momento più impegnativo, dover dormire in posizione supina io che ho sempre dormito in posizione prona rivoltandomi più volte nel letto, è la vera fatica e poi il dolore ogni tanto fa capolino.
Faccio due Contramal e un Orudis in vena nell’arco di 24 ore, l’Orudis lo preferisco perché mi da una copertura più lunga anche se mi fa sudare tantissimo, infatti lo riservo alla flebo di mezzanotte in modo da arrivare alle 6-7 del mattino senza altri antidolorifici. Su questo mi faccio l’idea di tentare da subito una progressiva riduzione nell’assunzione di antidolorifici cercando – senza soffrire troppo – di allungare il più possibile l’intervallo tra somministrazioni successive. E’ stato un modo anche per tenere impegnata la mente: l’ultimo antidolorifico l’ho preso alla 2 del mattino del 5 ottobre, da quel momento, con stupore di tutti, nemmeno una Tachipirina: se ce le fate vi consiglio – attenzione senza strafare – di liberarvi il prima possibile degli antidolorifici.
Nel primo pomeriggio mi fa visita una dott.ssa fisiatra con due specializzandi, mi aiuta ad alzarmi e mi fa fare due passi in corridoio, mi da poi l’incentivatore per la respirazione, le famose tre palline da sollevare con l’aspirazione. Al primo tentativo sollevo solo la prima e per pochissimi secondi ma non c’è da disperarsi, le poi mi dice che dato che riesco a camminare è preferibile fare un corridoio a passo lento all’uso dell’incentivatore e che comunque col tempo avrei raggiunto gli obiettivi a tempo debito.
Durante la notte, verso le due sento che posso tentare un respiro profondo, così disteso nel letto incrocio le mani dietro la nuca e abbasso i gomiti al livello delle spalle a contatto col cuscino. Un movimento lentissimo che però mi da una sensazione di grande benessere anche se sento qualche dolorino alle articolazioni, ma antidolorifici e forse ancora la coda delle magica anestesia mi permettono di farlo. A quel punto inizio a inspirare con il naso e a espirare con la bocca riempiendo sempre più i polmoni a ogni ciclo, la sensazione è stranissima ma molto piacevole: sento il polmoni aprirsi di più a ogni respiro e sento in mio fisico trovare sempre più vigore. Vado avanti per circa 15 minuti con questa ginnastica lenta ma progressiva alla fine mi addormento soddisfatto.
Dal 2 al 4 ottobre. I giorni successivi li trascorro passando sempre meno tempo a letto e facendo sempre più frequenti le mie passeggiate in corridoio, decido di indossare pantaloni camicia e scarpe quando non sono a letto e di ricevere la visita di alcuni amici sempre seduto in poltrona e mai a letto. Mi stanco un po’ ma il piacere di non stare in pigiama e ciabatte e il senso di normalità che ne deriva vale un po’ di stanchezza.
Il 3 mi rendo conto di avere ancora difficoltà a riprendere l’attività intestinale, il 4 mattina mi prescrivono un cucchiaio si sciroppo (Levolac) prima dei pasti, ne ho preso solo uno prima i pranzo al pomeriggio finalmente il mio intestino si era svegliato.
Molto della riduzione del dolore la devo al fatto di indossare un tutore sternale quando non sono a letto, questo tutore fissato al mio sterno con un sistema elastico che fascia anche la schiena mi permette di fare movimenti con sicurezza e senza sentire particolare dolore e – cosa fantastica – mi permette di tossire senza sentire molto dolore e potendomi portare la mani al petto con maggiore sicurezza. I colpi di tosse e ancora di più gli starnuti fanno male, sentite una fitta allo sterno che dura pochi secondi ma vi ricorda perfettamente che avete subito un intervento. Attenzione anche a ridere, meno doloroso dello starnuto, ma un pochino fa male, in questo invitate viene a farvi vista dall’astenersi da barzellette e battutine varie :)
Mi vengono fatti regolarmente prelievi di sangue e radiografie al torace, e mi viene somministrata la terapia farmacologica, il dolore è sotto controllo e progressivamente riduco gli antidolorifici.
Ho iniziato a studiare tutto il possibile sulla mia malattia e tutti i dettagli del mio intervento con particolare attenzione al post operatorio e a ciò che io avrei potuto fare per migliorare la perfomance e le possibilità di successo dell’imminente intervento.